DOVE: via Caretto, 4 – Repubblica/Centrale, tel. 0266985758
QUANTO: una portata 13 euro, due portate 19 euro
PER: pettinati
DA PROVARE: l’hamburger
In generale odio le premesse, preferisco scoprire le cose da me, anche
nei libri, se mi decido a leggerle è solo alla fine. In questo caso però è
davvero necessaria. Siamo stati al Visconti bakery&food attirati dalla
novità – ha aperto da pochissimo – però non del tutto consci di dove ci stavamo
cacciando. Quindi appena ci siamo resi conto dell’errore commesso – è un posto
assolutamente overbudget – ci siamo lanciati nell’hamburger come strada safe e
non abbiamo provato altro.
L’ingresso non è solenne, sembra un bakery curato, ma è solo pochi metri
più in là che il locale si apre in tutta la sua pretenziosità: soffitti alti,
pareti in mattoncini rossi, lampadari neri e vista su cortile interno con tanto
di fiori. Penserete di essere nell’Upper East Side, invece siete a due passi da
via Pisani, va così.
I camerieri vestiti in total black ci hanno accolto e accompagnato a un
tavolo, procurando una sedia in più per la borsa di ciascuna delle donzelle
presenti e invitandoci a deporla lì. Ci ha versato l’acqua naturalmente
naturale o decisamente frizzante (compresa nel prezzo), servendo sempre prima
il gentilsesso.
Il menu pranzo era abbastanza vasto (antipasti, primi, secondi, insalate
& hamburger), ma noi per paura di dover rimanere e lavare i piatti per il
resto della settimana abbiamo optato per l’hamburger, presente in tre
differenti varianti, tutte con ketchup di carote e mayonese senapata.
La scelta era tra Tuna (tonno rosso, salsa di peperoni, germogli di soia
e tapenade di olive), Visconti burger (Fassona piemontese, insalata, pomodori
secchi e formaggio) e il Chicken burger (pollo impanato, pomodori secchi,
formaggio, insalata croccante e mayonese al curry). Li abbiamo provati tutti.
Qui per la prima volta sono sorti pareri discordanti.
C’è chi ha apprezzato la qualità degli ingredienti, lodato gli
abbinamenti e l’abbondanza, e poi ci sono io che ho scoperto che il mio pollo
al centro era totalmente crudo, che ho quindi dovuto mangiare da sola quando
tutti avevano finito e che ho trovato la mayonese (da me tanto schifata) nel
mio secondo burger riparatore. Il panino sostitutivo mi è arrivato con le scuse
dello chef, che in verità mi osservava con sguardo di sfida dalla cucina a
vetri e se la ghignava, forse sapendo che nelle ultime 12 ore avevo già
ricevuto 3 pacchi colossali. Le patatine però mi sono arrivate due volte.
Avendo letto che il caffè era compreso nei 13 euro, non ce lo siamo
lasciati sfuggire. È un caffè in fondo e siamo in Italia, potrà mai fare
schifo? La risposta è sì. Innanzitutto non supera i 6mm di profondità – non
riuscirebbe ad annegarci dentro nemmeno un moscerino – e non è nemmeno buono,
però è servito con dei biscottini burrosi che non sono niente male.
Dovrete pagare al tavolo, se vi alzate pensando di andare alla cassa sarete
scambiati per dei fuggitivi, ma c’è una buona notizia: accettano i buoni.
La proprietaria, probabilmente un ex-sciatrice professionista sempre
munita di scarpe da running in sala, vi chiederà se volete compilare un
questionario di gradimento – questo prima di vedere il conto – al quale noi non
ci siamo sottratti. La media è stata un tre pallini su cinque, ma giusto perché
ci sentivamo davvero magnanimi. Non credo ritorneremo, intanto continuo a
riascoltare “figli degli hamburger”, chissà se aiuterà la digestione.
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