DOVE: Via Castelvetro, 16 (Domodossola)
QUANTO: non meno di 20 euro
PER: cinechic
DA PROVARE: ravioli ai gamberi, cernia allo zenzero e bambù
Ci sono moltissime ragioni per cui non dovreste trovare una
recensione del Bon Wei su questo blog, come il fatto che non faccia un menu
pranzo, che è molto pettinato, che se decidete di mangiare alla carta, un menu di centoeuno portate!!!, difficilmente ve la caverete con meno di 30 euro (a meno che non decidiate di
mangiare riso bianco e acqua). E last but not least si trova in via
castelvetro, che almeno per noi è già un continente esotico, dove l’arco della
pace ormai non si vede che in lontananza e le antenne RAI assomigliano sempre
più all’ultima costruzione che avete realizzato con i lego technic quando
venivate ancora valutati con ottimo, buono e distinto.
Detto questo, eccovi la recensione del Bon Wei. Vi chiedete
perché? Perché ci hanno invitato, e a un invito non si dice di no! O almeno le
nostre pance non lo fanno!
Il locale come ci aspettavamo è bello chiccoso, il signor
Weng molto cortese e per giunta bello! nella sua camicia azzurrina stirata
sprigiona distinzione e un non so che di occidentale, nonostante la sua
aspirazione sia quella di farvi conoscere la vera alta cucina cinese. I
camerieri cercheranno di mettervi a vostro agio in tutti i modi, uno dei quali
è riempiendovi il bicchiere di Tsing Tao non appena si svuota, ignari del fatto
che preso il vostro agio potrebbe trasformarvi in loro disagio. Al quinto
bicchiere di birra cinese arriva il momento per me dei quesiti esistenziali, e
allora mi domando “ma è l’unica che viene importata visto che tutti i
ristoranti cinesi dalla topaia al Bon Wei la servono?” e soprattutto “in Cina
avranno birre artigianali?”. Intanto che cerco una risposta (su google) vi
racconterò cos’abbiamo mangiato.
Anatra rinchiusa in una foglia d’insalata (buona!),
involtini di carne e di gamberi (questi ultimi speciali!), insalata di funghi
con sesamo e zuppa di cetriolo di mare. A questa portata è necessario fermarsi
un secondo e fare qualche commento. Il primo è che è una cosa prelibata credo,
visto che è venduta a 16 sonanti euri, ma soprattutto se pensate di volerla
assaggiare non andate a cercare informazioni sul cetriolo di mare… perché dopo
aver visto di cosa si tratta il vostro stomaco potrebbe fare delle obiezioni.
Anche perché si chiamano oloturoidei, sono una classe di echinodermi, hanno una
sola gonade e sono organismi bentonici. Buon appetito! Sappiate comunque che i
funghi precedenti e il cetriolo di mare non differivano molto né per colore, né
per consistenza, e il sapore era indescrivibile (aggettivo al quale propenderei
per non dare la valenza di meraviglioso!).
Il pasto è proseguito con cosce di rana in pastella – è
stata la prima volta con un anfibio, ma ne andava della nostra reputazione –
filetto di cernia allo zenzero e bambù (pollici assolutamente su!), tofu
strapiccante (un piatto che si dice aver fatto piangere anche le persone più
insensibili, ma per questioni puramente chimiche!) ma buono e lo Shui Zhu di manzo, una
specialità con peperoncini interi galleggianti e minacciosi. Essendo servito
dopo il tofu, ribattezzato chili tofu, il palato era così anestetizzato da non
farvi apprezzare il sapore del manzo e da farvi balenare l’idea di sgozzare il
gambero scolpito nelle carote cercando nelle sue membra la pace. Le sculture
pregiatissime, opera dello chef, non sono però edibili, sappiatelo, prima di
rendervi colpevoli di omicidio per nulla. Dessert: sculture di mango, rape ananas e anguria.
Non spenderò parole sulle grappe (alle rose, al gelsomino,
al riso e altre) e sul tè semplicemente perché non li ho presi, vi segnalo che
la grappa però era servita su un bicchierino mooolto capiente!